A partire da questo quaderno rilanciamo una riflessione sul partenariato territoriale, che riteniamo una delle più adeguate modalità di cooperazione internazionale. Consideriamo la questione del come coniugare l’esigenza di relazioni centralizzate (relazioni bilaterali tra governi e rafforzamento delle istituzioni ministeriali nazionali) e quella che oggi viene definita “cooperazione territoriale” con i governi di prossimità, le entità decentrate dello stato e gli enti del Terzo Settore.
Facciamo questo partendo dal difficile contesto del Libano e dall’esperienza specifica di Armadilla e Cooperazione nei Territori del Mondo – CTM. Quella del Libano è oggi una situazione di crisi generale che richiede sia misure di emergenza con aiuti umanitari sia una visione strategica che identifichi cause e possibili soluzioni, con lo scopo di consentire sviluppo sostenibile e qualità della vita sul territorio.
Che fare?
La strategia indicata nella programmazione triennale della cooperazione italiana indica 20 paesi prioritari (tra cui il Libano) e afferma che “l’impegno dell’Italia sarà rafforzato nelle principali aree di crisi… Lo stato profondo di crisi, spesso protratte, in cui versano molti Paesi, impone una strategia di risposta sinergica e coordinata, azioni mirate al miglioramento dei sistemi di governance, al rafforzamento istituzionale e al sostegno dei processi di prevenzione, pacificazione e stabilizzazione post-conflitto, e un impegno lungimirante che non solo assista le popolazioni colpite ma riduca le situazioni di fragilità e rafforzi le capacità locali di gestione e risposta alle crisi”…
Un approccio che tenta di dare la stessa importanza alla visione globale e all’agire locale. All’atto concreto, questa scelta di non escludere niente e nessuno dalle possibilità di collaborazione, espone al rischio di scarso impatto, in quanto non si hanno vere priorità e le risorse e gli strumenti utilizzati sono insufficienti al raggiungimento degli obiettivi assunti.
I progetti di rafforzamento per gli enti centrali dello Stato non possono essere uguali a quelli che si devono usare per il rafforzamento dei governi di prossimità. La storia della cooperazione europea con i paesi ACP (dalla Convenzione di Lomè del 1975, al Trattato di Cotonou del 2000) indicava come fondamentale il decentramento delle attività di cooperazione e incidere nelle comunità locali dove i problemi colpiscono più direttamente le persone.