Dalla cooperazione decentrata al partenariato territoriale

Per una cooperazione internazionale efficace

Questo Quaderno è il primo di una serie in cui svilupperemo una riflessione sull’importanza e la validità dei partenariati territoriali nella cooperazione internazionale, un approccio che Armadilla da anni privilegia nei suoi interventi in Medio Oriente, e le esperienze che stiamo realizzando in Libano e Siria coinvolgendo entità italiane dell’Emilia-Romagna.

La legge italiana sulla cooperazione internazionale (n. 125/2014) nell’articolo 9, intitolato Partenariato territoriale, afferma che “… Le regioni e le province autonome […] e gli enti locali possono attuare iniziative di cooperazione allo sviluppo, previo parere favorevole del Comitato congiunto…”.

Nell’articolo 26: “L’Italia promuove la partecipazione alla cooperazione allo sviluppo delle organizzazioni della società civile e di altri soggetti senza finalità di lucro, sulla base del principio di sussidiarietà”.

La finalità prioritaria della legge, in linea anche con l’articolo 118 della Costituzione, è contribuire a creare un sistema di collaborazione efficace, inclusivo e sinergico, tra i diversi soggetti della cooperazione applicando il principio di sussidiarietà. 

Dopo sette anni dall’approvazione della legge sarebbe utile fare una valutazione seria su quanto ha funzionato il nascente sistema italiano della cooperazione internazionale, quanto i partenariati territoriali sono stati veramente promossi come metodologia prioritaria e quale è stato il loro impatto.

1. Cooperazione decentrata e partenariati territoriali  

Da decenni la cooperazione europea con i paesi ACP ha sottolineato l’importanza della cooperazione decentrata come snodo essenziale per portare i processi democratici e di buon governo locale nei territori più poveri ed esclusi dai diritti fondamentali. Tale esigenza di decentramento ha portato a diminuire il potere e controllo assoluto degli stati centrali esigendo la più ampia partecipazione attiva degli enti locali e delle organizzazioni della società civile e ad operare capillarmente soprattutto nelle aree più povere e dimenticate. L’obiettivo generale è includere al godimento dei diritti umani chi ne è stato per troppo tempo escluso. 

1.1 Una classificazione

Le attività di cooperazione decentrata sono da oltre cinquant’anni un luogo di sperimentazione proficuo di quel partenariato pubblico-privato che costituisce uno degli obiettivi generali della cooperazione allo sviluppo sostenibile. 

Le tipologie di partnership messe in campo dagli enti territoriali sono numerose e varie, qui ne ricordiamo tre macro-famiglie: 

  • i patti tra enti territoriali italiani e enti omologhi dei Paesi poveri di cooperazione (intese o gemellaggi);
  • le reti di cooperazione internazionale;
  • i patti tra soggetti pubblici e/o privati. 

I gemellaggi definiscono un partenariato a tutto tondo tra due città, generalmente non hanno limite di tempo e non hanno un oggetto specifico di azione. La partnership pubblico-privata nella cooperazione internazionale allo sviluppo sostenibile costituisce sia un obiettivo internazionale  che europeo. 

Da ricordare anche le Linee guida sulla cooperazione decentrata dell’AICS che indicano tra i principi prioritari il partenariato per lo sviluppo, la multi-attorialità e la sussidiarietà. . 

1.2 Gli strumenti

La partnership territoriale per l’esercizio delle attività di cooperazione decentrata è organizzata con diversi strumenti gestionali: enti autonomi, coordinamenti, convenzioni, tavoli, bandi, progetti. Gli enti autonomi possono essere costituiti solo tra Enti locali o anche con la partecipazione di altri attori territoriali (atenei, fondazioni bancarie, Cooperative, Enti del terzo Settore, ecc.). 

Le attività e gli obiettivi variano a seconda della tipologia dei tavoli: l’esperienza conosce tavoli di concertazione, tesi a far dialogare in un unico luogo tutte le realtà territoriali interessate ad impegnarsi in un ente locale partner; tavoli di coordinamento che sono il luogo in cui costruire percorsi concreti e comuni per il coordinamento di interventi puntuali già programmati o per la preparazione di programmi di più ampio respiro. Dal punto di vista storico i tavoli nascono spesso come luoghi di concertazione per evolversi in luoghi di coordinamento e co-progettazione. In senso sincronico invece vi sono esperienze che vedono sorgere gruppi di lavoro tematici o geografici che operano nel quadro di un unico Tavolo di concertazione aperto a tutti i singoli sottogruppi.

I bandi sono un altro strumento strutturato attraverso cui la pubblica amministrazione definisce i criteri per selezionare partner locali e interventi di cooperazione decentrata. 

1.3 I principi

Promuovere partenariati territoriali significa favorire il decentramento e la partecipazione attiva di quelle entità che nel proprio territorio hanno conoscenze ed esperienze che si possono adattare e replicare in contesti diversi. Si riconosce pari dignità e responsabilità a tutti gli attori coinvolti, mirando al raggiungimento di obiettivi condivisi: ridurre i fenomeni che producono emarginazione e povertà, promuovere l’estensione dei diritti umani ai gruppi che ne sono esclusi e responsabilità nei comportamenti e nelle scelte personali e comunitarie (rispetto dell’ambiente, delle diversità culturali, coscienza dell’appartenenza ai processi globali). Il partenariato territoriale implica un coinvolgimento ad ampio spettro e multidimensionale da parte degli attori territoriali coinvolti, vale a dire un approccio che, rispetto a quello settoriale tipico della cooperazione allo sviluppo tradizionale, può essere definito circolare, fondato sull’intensità degli scambi materiali e immateriali, sulla reciprocità degli interessi e degli obiettivi e sul co-sviluppo. 

Si possono identificare tre diversi funzioni per inquadrare l’attività svolta dagli enti locali nell’ambito di quella che negli anni scorsi si è definita “Cooperazione Decentrata” e che oggi si ripropone con l’obiettivo di promuovere partenariati territoriali: 

  • Finanziamento  
  • Gestione progettuale 
  • Promozione, indirizzo, sensibilizzazione e coordinamento. 

In un periodo di forte crisi economica come quello attuale, per gli enti locali è molto difficile trovare direttamente dal loro bilancio risorse finanziarie significative per finanziare attività di Cooperazione Internazionale. Anche per quanto riguarda le regioni, l’impegno finanziario è in genere minimo e proporzionale alla dinamica del territorio, oppure risente di una scarsa attenzione verso le richieste delle associazioni del terzo settore presenti nel territorio; scarsa è anche la possibilità di ricercare insieme cofinanziamenti attraverso bandi comunitari o internazionali per carenze organizzative e di visione. 

Gli Enti e le Autonomie locali operano oggi secondo un doppio ruolo: da un lato sono esecutori di progetti, dall’altro finanziano progetti che vengono realizzati da altri. Mentre la prima modalità di lavoro è conforme a quello che la Cooperazione Decentrata prevedeva, la seconda – in assenza di una vera relazione tra territori e attori che ne caratterizzano il tessuto sociale – si limita ad essere uno strumento aggiuntivo per il sostegno finanziario di azioni di cooperazione, non necessariamente decentrata. 

L’ente locale che sostiene le iniziative di cooperazione di attori presenti nel proprio territorio (OSC, associazioni di volontariato, chiese, università, ecc.) si pone il problema dell’effettività del proprio contributo e della necessità di evitare frammentarietà e mancanza di coordinamento. Inoltre, cerca di promuovere azioni per creare delle sinergie e orientarle verso alcuni interessi geopolitici ritenuti prioritari per l’amministrazione locale.

In questo caso si nota: 

  • un’istituzionalizzazione relativa accompagnata da organismi consultivi, formalizzati e no, con le organizzazioni, cooperative e associazioni del territorio; uno scarso coordinamento interno ma un interesse ad ampliarlo; 
  • la creazione di tavoli per cercare di ampliare le iniziative verso città partner; 
  • una definizione generica delle priorità geografiche e tematiche a cui si abbina il sostegno a rapporti preferenziali con alcune città partner; un impegno finanziario di piccola o media dimensione ma con una ancora scarsa attenzione alla ricerca di cofinanziamenti; 
  • l’interesse a partecipare a programmi multilaterali nei quali vengono valorizzate le competenze dei diversi soggetti del territorio.

1.4 Cooperazione decentrata e cooperazione territoriale

Negli ultimi anni si è assistito a una crescente convergenza tra Cooperazione Decentrata e cooperazione territoriale: un principio-chiave come quello della sussidiarietà verticale è stato incluso nelle politiche esterne dell’Unione europea, quali quella di Vicinato e quella di pre-adesione, che prevedono la partecipazione di Enti locali e di diversi soggetti territoriali in azioni transnazionali e transfrontaliere. Viene, dunque, concretamente riconosciuto il valore aggiunto apportato dalle autonomie locali e dai diversi soggetti per quanto riguarda la realizzazione di iniziative a carattere trans-locale che si esprime nella formazione di partenariati territoriali. In questo senso, la metodologia della cooperazione territoriale, che viene dalla politica interna di sviluppo regionale, interagisce con quella della Cooperazione Decentrata, che deriva dalla politica esterna di cooperazione allo sviluppo.

Il partenariato territoriale implica un coinvolgimento ad ampio spettro e multidimensionale da parte degli attori territoriali coinvolti, vale a dire un approccio che, rispetto a quello vettoriale tipico della cooperazione allo sviluppo tradizionale, può essere definito circolare, fondato sull’intensità degli scambi materiali e immateriali, sulla reciprocità degli interessi e degli obiettivi e sul co-sviluppo.

È possibile definire una serie di elementi alla base di questo concetto: 

  • il dialogo politico tra pari;
  • la ownership (titolarità) condivisa delle politiche da promuovere;
  • la reciprocità di responsabilità, impegni e condizionalità tra le autorità e società coinvolte;
  • la multidimensionalità, e quindi la coerenza, la complementarietà e il coordinamento tra le politiche portate avanti;
  • la multi-attorialità e quindi l’adozione di metodi partecipativi di sostegno alla cittadinanza attiva, nel quadro di processi di democratizzazione e di decentramento e nel rispetto dei principi di buon governo;
  • il passaggio da un approccio per progetti (guidati dall’offerta, portati da esperti, a breve termine) ad un approccio processuale con strategie e programmi (guidati dalla domanda e di medio-lungo termine);

La cooperazione territoriale, e cioè la cooperazione tra territori a livello transfrontaliero e transnazionale, è ora un obiettivo della politica di coesione sociale europea, secondo cinque linee principali: 

  • il programma Interreg, un approccio per piccoli passi, di apprendimento e costruzione di fiducia, mirato al rafforzamento delle capacità delle istituzioni e degli attori della società civile;
  • un approccio territoriale per uno sviluppo endogeno aperto e sostenibile, che valorizzi le vocazioni e identità dinamiche;
  • la continuità nel tempo della relazione;
  • la sperimentazione e applicazione di iniziative innovative da mettere in rete e confrontare in un processo di apprendimento condiviso;
  • l’inserimento in un quadro di governance multilivello delle relazioni. 

Il concetto di partenariato territoriale risulta essere particolarmente innovativo in quanto inserisce il classico obiettivo della cooperazione per la lotta alla povertà all’interno di un quadro di riferimento più ampio e multidimensionale, che comprende l’insieme delle relazioni delle autonomie locali italiane così come, e soprattutto, dei diversi soggetti del mondo sociale, imprenditoriale e culturale dei territori, “qui e là”. 

1.5 Al cuore della cooperazione territoriale

La Cooperazione tra territori non dovrebbe essere dunque intesa unicamente come cooperazione tra amministrazioni: al contrario, si basa sulle relazioni che si instaurano tra i diversi soggetti del territorio secondo il principio della governance democratica. In questo senso, tale Cooperazione crea capitale sociale tra territori, attivando dei processi relazionali con una loro storia ed una loro evoluzione e che si innescano grazie, in particolare, all’azione degli attori sociali. 

È importante, inoltre, ribadire che non si tratta semplicemente di una cooperazione che mette insieme attori diversi, quanto dell’applicazione di metodi partecipativi con il fine di costruire una società più democratica a livello locale, dove tutte e tutti – in particolare le persone più svantaggiate – abbiano la possibilità di acquisire capacità e potere di cambiamento. È il contenuto quindi che conta: non è solo una questione “di chi”, ma anche e soprattutto di “come” e “per cosa”. È lo scopo che determina l’agire. 

La Cooperazione fra territori è un’occasione per ricostruire nuove identità singole e collettive, grazie ad un incontro con un’altra prospettiva, con altre realtà con altre lotte e altri contesti. L’obiettivo di tale processo è quello di costruire un complesso reticolo di scambi per l’edificazione di un mondo plurale, in netta contrapposizione con la cultura dominante che va, invece, nella direzione opposta di omologazione totalizzante.  

Per favorire questo scambio, un nuovo modo di fare cooperazione internazionale può intendersi come costruzione di laboratori dove si confrontano culture ed esperienze diverse, si sperimentano soluzioni e alternative che possano servire anche a sbloccare situazioni di stallo di territori più difficili con problemi e situazioni più gravi e compromesse.

La Cooperazione fra territori può riconnettere le società locali tra loro (senza distinzioni tra Nord e Sud) in modo non gerarchico, ma con relazioni di tipo orizzontale capaci di riconoscere e rispettare i diversi “stili di sviluppo”, favorendo la titolarità e l’esigenza di sostenibilità. 

In questo senso, la cooperazione territoriale contribuisce all’emersione e alla creazione delle condizioni a sostegno di uno sviluppo basato sulla tutela e valorizzazione delle identità locali nella crescita dei poteri delle comunità che consapevolmente decidono di scambiare esperienze e conoscenze, nell’ottica di un reciproco arricchimento culturale, sociale e politico.

La Cooperazione tra territori, inoltre, dovrebbe e potrebbe avere uno spazio di azione nella modernizzazione dello Stato, nella territorializzazione della cittadinanza, nella riforma dell’azione pubblica, apportando ai processi di governabilità, ai poteri locali e alla costruzione di società più democratiche, aiutando nella riappropriazione del territorio da parte delle collettività locali favorendo l’apertura di nuovi spazi di concertazione e governabilità. 

Il patrimonio locale in ogni angolo del mondo è immenso. Partire dal locale vuol dire partire dal patrimonio identitario disponibile come elemento fondamentale e fondante in tutte le fasi della Cooperazione Internazionale. I territori sono il punto centrale – di partenza, di arrivo e di attraversamento – delle azioni e dei processi di Cooperazione. È quindi di fondamentale importanza definire cosa si intende per territorio e la sua valenza non solo nella Cooperazione Internazionale ma anche in relazione al contesto in cui un determinato territorio è inserito. 

Se l’abitante è il depositario della sapienza dei luoghi, occorre allora sapere identificare, far emergere e trasformare queste competenze spesso nascoste.

L’apporto innovativo di tale pratica consiste nel porre al centro le capacità delle comunità locali di organizzare la propria crescita ricostruendo il patrimonio territoriale, la memoria della propria identità, da mettere in relazione con altre identità, attraverso la cooperazione, cioè l’operare congiuntamente per la costruzione di un complesso reticolo di scambi in un mondo plurale. Nella sapienza dei luoghi si tratta di riconoscere e saper valorizzare le competenze presenti nei territori in qualsiasi latitudine si trovino. 

La sfida diventa pertanto di assegnare uguale dignità a tutte le competenze:  questo comporta anche il rispetto e l’apertura per le differenze e l’abbandono dei pregiudizi.

2. L’esperienza di Armadilla  

La drammatica crisi umanitaria che da oltre 10 anni sta investendo la Siria e i paesi confinanti con milioni di sfollati e rifugiati ha richiamato la comunità internazionale a una responsabilità civile e a un’attiva partecipazione a percorsi di cooperazione ed aiuto umanitario a sostegno delle popolazioni vittime. Armadilla opera dal 2004, con i suoi partner istituzionali e della società civile, per contribuire a costituire un “Sistema Italia” che operi con efficacia nel contesto internazionale e locale, soprattutto in Medio Oriente e nel Mediterraneo. 

Tra le proprie attività centrali in Libano e in Siria, Armadilla sviluppa progetti di cooperazione allo sviluppo umano sostenibile attraverso la promozione di partenariati territoriali con entità italiane interessate. Ha realizzato interventi in collaborazione con le regioni Emilia-Romagna, Lazio, Sardegna e con i comuni di Roma e Bologna. Il coinvolgimento di queste entità istituzionali ha permesso una efficace collaborazione con diversi soggetti attivi nel territorio, da associazioni e cooperative a piccole e medie imprese fino a scuole, università e istituti di formazione, ricerca e informazione.

In questi anni di conflitto, Armadilla ha sempre mantenuto propri operatori in Siria e in Libano. La scelta deriva dalla convinzione che il sostegno alla società civile non possa venire a mancare, ma anzi debba essere rafforzato in questa fase molto delicata e complessa. Emerge, prima di tutto e con estrema evidenza, che la popolazione civile rappresenta la principale vittima di ogni guerra, colpita da una parte dalle violenze interne, vessata dall’altra dalle conseguenze delle sanzioni imposte dalla comunità internazionale e dai molteplici effetti della crisi interna (perdita del lavoro, incessante aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, riduzione dei servizi socio-sanitari di base). 

In simili contesti, i soggetti più vulnerabili, che sono quelli a cui si indirizza prioritariamente l’azione di Armadilla, diventano ancora più vulnerabili e bisognosi di protezione e sostegno. 

In secondo luogo, è indubbio che la società civile può svolgere un ruolo molto importante nel processo di mediazione tra le parti in conflitto e di trasformazione in senso democratico, promuovendo un approccio partecipativo a livello territoriale, la creazione di spazi di incontro condivisione e interazione, la costruzione di un sentimento di fiducia. 

La sfida, oggi, è iniziare a progettare, anche se le condizioni di emergenza permangono, un piano per costituire partenariati territoriali efficaci che favoriscano il graduale passaggio a processi di sviluppo umano sostenibile. Ciò comporta da parte di tutti i partner la consapevolezza della situazione e delle possibilità concrete di azione in questa difficile congiuntura. 

Nel Quaderno di settembre, vi racconteremo in che modo Armadilla applichi i principi della cooperazione tra territori a un contesto così fragile, nel quale le fattori come la sostenibilità e il decentramento possono apparire secondari, ma che in realtà risultano decisivi proprio in funzione del senso stesso del cooperare.

Il tuo 5 x mille può sostenere il processo di pace e gli aiuti umanitari in Siria