Siria, i territori italiani per unire ciò che la guerra ha diviso

Dal 15 al 18 settembre Università e Imprese sociali dell’Emilia-Romagna saranno a Damasco per una conferenza dedicata alla terapia occupazionale, un ambito di intervento che, nel cuore di un territorio in guerra, è anche strumento di dialogo

Sette anni e mezzo di guerra lasciano segni profondi: morti, feriti e profughi sono quelli più evidenti anche a chi osserva il conflitto da lontano, magari perché colpito dalle immagini delle macerie dove prima c’erano città, oppure per la presenza nel proprio territorio di progetti di accoglienza. Ma per chi è rimasto in Siria ci sono ferite profonde molto meno visibili: un legame familiare reciso, una vita da ripensare, ma a cui manca un orizzonte; oppure l’impossibilità di ricevere formazione e cure per una condizione di disabilità. Su tutto questo pesano il rancore, le divisioni, la sfida di creare nuove comunità coese.

Armadilla è presente in Siria dal 2004 e in questi anni ha continuato a lavorare in risposta alla crisi siriana e per promuovere programmi di cooperazione territoriale. Nel contesto di un conflitto che ha provocato oltre 500 mila morti e oltre 12 milioni di persone sfollate, il supporto dell’Otto per mille della Chiesa Valdese, delle Agenzie delle Nazioni Unite, Cooperazione Italiana, Provincia Autonoma di Trento e Municipio Roma 2 di Roma Capitale è stato fondamentale per garantire alle famiglie più vulnerabili di ricevere un aiuto vitale: cibo, cure mediche, protezione. Il progetto di supporto alle comunità locali ha permesso di dare continuità alle azioni di sostegno psicologico ed emotivo alle famiglie e in particolare a donne, ragazze e bambini che hanno subìto in modo traumatico l’abbandono delle proprie case e la rottura dei legami familiari. Ma non è possibile pensare lo sviluppo, lavorando solo sull’emergenza presente.

Armadilla ha scelto di rimanere in Siria durante il conflitto per non vanificare anni di lavoro e per mantenere un contatto diretto con i propri partner territoriali, che hanno condiviso la stessa visione: operare soltanto nel rispetto del codice etico degli aiuti umanitari, non discriminando nessuno. Insieme all’Associazione di donne per donne, Zahret Al Madan (ZAM) di Damasco, ha costruito nel 2010 un centro nel quale si sono rafforzate e migliorate le competenze tecniche e l’assistenza ai bambini disabili della municipalità di Hajar Al Aswad e zone adiacenti. Con l’arrivo della guerra il centro si è spostato a Midan, un’area limitrofa, interna alla città di Damasco, affrontando la sfida di continuare a lavorare in condizioni di emergenza, senza dimenticare il futuro.

In questi anni Armadilla, forte della sua conoscenza della Siria, ha favorito l’incontro tra la difficile situazione siriana e le eccellenze italiane nell’ambito dei servizi alla persona: l’esperienza portata dall’Università di Modena e Reggio Emilia e dai territori emiliani, punti di riferimento non solo in Italia. Attraverso un approccio partecipativo si sono coinvolti in forma crescente tutti gli attori che si occupano di disabilità e in particolare dei minori con disabilità.

Dal 15 al 18 settembre per i soggetti coinvolti ci sarà un nuovo momento di incontro: esperti dell’Università di Modena e Reggio Emilia, dell’Asp Città di Bologna, dell’Ass. Anladi, della Fondazione Asphi e di Open Group di Bologna saranno a Damasco per una conferenza dedicata alla terapia occupazionale, un ambito di intervento che, nel cuore di un territorio in guerra, è anche strumento di dialogo e che dopo anni di lavoro ha permesso di avviare un corso di laurea dedicato. La terapia occupazionale utilizza la valutazione e il trattamento per sviluppare, recuperare o mantenere le competenze della vita quotidiana e lavorativa delle persone con disabilità cognitive, fisiche e psichiche tramite attività capaci di valorizzare il soggetto e di costruire intorno a lui le condizioni più adatte.

In un Paese che la guerra ha diviso, Armadilla e i territori italiani uniscono le proprie competenze per un percorso che, ancora una volta, sta dalla parte delle più vulnerabili tra le vittime della guerra e che a partire da qui intende continuare a costruire contatto, dialogo e unione.

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