Siria, la onlus Armadilla: L’Ue non ignori i profughi di Damasco

Pubblicato da DiRE, agenzia di stampa nazionale

(DIRE – Notiziario settimanale Esteri) Roma, 14 gen. – Tra i sobborghi di Damasco, prima che nel 2011 scoppiasse la guerra, c’era un centro per la riabilitazione dei minori con disabilita’ fisiche e mentali che rappresentava una luce in una zona altamente popolosa e degradata: il quartiere Hajar Al-Aswad, ‘la pietra nera in arabo’, tra i piu’ poveri della capitale e casa per oltre 370.000 persone, tenendo conto anche di quelle del vicino campo profughi palestinese di Yarmuk, faceva si’ che in 500.000 vivessero in condizioni di estremo bisogno. Il Centro, gestito dalla onlus italiana Armadilla, in collaborazione con l’ong locale Zahret al Madayen (Zam), prestava assistenza a circa 1.300 minori e, spesso, anche alle loro madri, con programmi per la creazione di reddito e sostegno sociale.

Dopo la presa del quartiere da parte delle milizie armate come Al-Nusra e Isis, e il successivo bombardamento dell’esercito del governo di Bashar Al-Assad, il sobborgo ridotto a un cumulo di macerie si e’ svuotato. “Abbiamo trasferito i nostri progetti a Damasco e per fortuna mantenuto il rapporto coi piccoli assistiti, ma di quelle 500.000 persone non si sa piu’ nulla” denuncia all’agenzia Dire Marco Pasquini, il direttore di Armadilla, presente con la sua onlus in Siria dal 2004. Oggi Pasquini e’ in Italia, ma di recente alcuni suoi colleghi sono potuti finalmente tornare a Hajar Al-Aswad per constatare la desolazione e la totale distruzione del loro vecchio centro.

“Hanno persino portato via il rame dai cavi elettrici” racconta Pasquini.

Per le autorita’ siriane, segnala ancora Pasquini, “le persone che vivevano a Hajar Al-Aswad e Yarmouk non esistono piu’. Non c’e’ neanche una stima delle vittime”. Nei giorni in cui i media internazionali raccontavano l’assedio di Yarmouk da parte dell’esercito di Assad “tutti ignoravano Hajar Al-Aswad”.

La tesi e’ che la gente si sia trasferita a Damasco e nelle aree circostanti divenute “una grande bidonville”, cosi’ come hanno fatto altri milioni di siriani che non hanno potuto lasciare il Paese. E qui, avverte Pasquini, sorge un problema: “Il governo siriano non li considera sfollati, mentre l’Unione europea tratta i residenti dell’area di Damasco alla stregua di complici o comunque vicini al governo di Assad, e pertanto gli nega gli aiuti umanitari”. Una scelta politica che il dirigente di Armadilla contesta: “La guerra colpisce i piu’ deboli e in Siria dopo 10 anni di conflitto la popolazione e’ stremata. Dal 2011 l’Ue figura tra i principali donatori, con 17 miliardi di euro devoluti per i rifugiati siriani in Libano, Giordania o Turchia. Ma proprio l’enormita’ di questa cifra- continua Pasquini- dimostra che la politica del ‘no reconstruction without transition’ (ossia niente aiuti senza la dipartita di Bashar Al-Assad, il cui potere ormai si e’ rinsaldato) non sta dando i risultati sperati”.

Pasquini auspica quindi la fine delle sanzioni collettive e il ritorno al dialogo diplomatico per alleviare le sofferenze della popolazione, mentre al Centro nazionale di riabilitazione di Damasco, Armadilla – sempre in collaborazione con Zam – fornisce ai bambini protesi realizzate con stampanti 3D dalla Fondazione Asphi di Bologna. “L’Italia, attraverso ong, fondazioni, universita’ e l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, continua ad essere presente, dimostrando maggiore coerenza” conclude Pasquini.

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