Prima dello scoppio di questa guerra e fino al marzo 2012, Armadilla operava con un centro dedicato alla fisioterapia, alla terapia occupazionale e all’inclusione sociale delle categorie più fragili, insieme all’associazione ZAM, Zahret al Madayen, in un quartiere emarginato nel sud di Damasco, oltre il campo profughi di Yarmuk. Questa zona si chiama Al Hajar Al Aswad, “la pietra nera” e fino al 2012 contava circa 370 mila abitanti. Già prima della guerra era una delle zone più povere della città, e insieme al campo palestinese di Yarmuk si potevano contare 500.000 persone in condizioni di estremo bisogno. Gli operatori di Armadilla hanno potuto girare video e scattare fotografie esclusive nella zona che un tempo ospitava il centro ZAM. Dalla fine del 2012 l’area è stata occupata prima da gruppi qaedisti come Jabhat al-Nusra, poi da Jaysh al-Islam e dal 2014 dal Daesh, portandola alla completa distruzione. Per i dati ufficiali, le 500.000 persone che abitavano qui sono scomparse nel nulla. Ma è difficile credere che siano fuggite fuori dal paese o siano fuggite in altre zone della Siria. Prima della guerra infatti la Grande Damasco, compresa l’area rurale, contava circa 3 milioni e mezzo di abitanti. Tuttavia, dopo 10 anni di guerra, i dati ufficiali delle Nazioni Unite dicono che almeno 10 milioni di persone si sono ammassate in quest’area. Eppure, la posizione dei grandi donatori, prima fra tutti l’Unione europea, sembra sostenere che chi tutte le persone rimaste sostengano il Governo. Per Armadilla, si tratta di una scelta strumentale a una posizione politica, che non mette al centro dell’azione umanitaria le reali necessità della popolazione vittima della guerra. La più grave crisi umanitaria del secolo colpisce tutti, soprattutto chi è diventato ancora più invisibile. Serve lo sforzo di tutte e di tutti perché nessuno venga lasciato solo.