Libano, dopo le dimissioni di Hariri in arrivo una tempesta che può diventare regionale

“IL MIO sesto senso mi dice che alcuni mi vogliono morto. C’è un clima molto simile a quello che precedette l’assassinio di mio padre il 14 febbraio 2005. Non permetteremo che il Libano diventi l’innesco dell’insicurezza regionale. Le mani dell’Iran dagli affari del mondo arabo verranno recise». Con queste parole, che sono una sfida politica più che una dimostrazione di paura e debolezza, il premier del Libano Saad Hariri ha annunciato le sue dimissioni. Quegli “alcuni” che lo vorrebbero morto come il padre Rafiq, anche lui primo ministro, sono chiaramente l’Iran e Hezbollah, il partito sciita libanese con cui fino ad oggi Hariri sedeva nello stesso governo.
Il messaggio con cui Hariri annuncia le dimissioni è arrivato da Riad, affidato a una televisione saudita. Riad è il grande protettore di Hariri e dei sunniti libanesi. Le dimissioni di Hariri sono lo squillo di tromba, il segnale di inizio del nuovo scontro che sta per partire in Libano. Uno scontro che sarà la prima estensione della contesa Iran-Arabia Saudita dopo i sei anni della guerra civile in Siria.
Hariri ha parlato di un tentativo di assassinarlo e media vicini all’Arabia Saudita precisano che un progetto del genere è stato sventato a Beirut nei giorni scorsi; Hariri non accusa direttamente Iran e gli Hezbollah di aver provato ad ucciderlo, ma di essere dietro l’ondata di destabilizzazione che sta attraversando tutto il mondo arabo a partire dalla regione del Golfo.
Soltanto un anno fa Hariri era stato designato alla guida di un governo all’interno del quale sono presenti tutte le fazioni libanesi: il Sistema costituzionale settario libanese prevede che il presidente sia un Cristiano, e infatti a quell’incarico è stato eletto il genarle Michel Aoun, un ex generale che però è alleato degli Hezbollah. Il presidente del parlamento è uno sciita e il capo del governo un sunnita. Questo ha portato Hariri e presiedere un governo all’interno del quale siedono 4 ministri di Hezbollah, il gruppo a cui appartengono 5 responsabili militari messi sotto inchiesta dal Tribunale Onu creato per giudicare il caso.
Nel suo messaggio in tv Hariri dice che “Iran e gli Hezbollah hanno riportato l’Iran al centro della tempesta, e l’Iran semina destabilizzazione ovunque intervenga”

Un particolare che lascia pensare è il fatto che Saad Hariri è volato a Riad venerdì scorso il giorno dopo aver incontrato a Beirut Ali Akbar Velayati, l’ex ministro degli Esteri iraniano che adesso è consigliere di politica estera della guida suprema Ali Khamenei. Non è chiaro quale sia stato il messaggio che Velayati aveva passato ad Hariri, e non è chiaro cosa abbia portato il premier a condividere con la dirigenza saudita la decisione di dimettersi. Domenica gli risponderà con un discorso in tv il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah.
Gli iraniani hanno risposto immediatamente, e con rabbia, all’annuncio delle dimissioni: “Le dimissioni sono state decise dai sauditi per creare tensioni in Libano e nella regione”, ha detto Hussein Sheikh al-Islam, un consigliere della guida suprema: “Sono state pianificate con Donald Trump e con Mohammed bin Salman, il principe ereditario dell’Arabia Saudita”.
In tutto questo il commento più amaro è quello dell’ormai anziano leader druso Walid Jumblatt: “Il Libano è un posto troppo debole e troppo piccolo per sopportare le conseguenze di questo scontro”, facendo capire che anche lui considera quelle dimissioni il primo passo verso una nuova tempesta nella vita del piccolo Libano.

da Repubblica (Vincenzo Nigro)

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