Il bilancio del secondo attentato terroristico israeliano contro il Libano è più grave di quanto si credesse: 25 persone uccise e 608 ferite. In due giorni, gli attentati hanno provocato 37 morti e oltre 3.500 feriti, tra cui membri di Hezbollah, medici e personale amministrativo. Le esplosioni di cercapersone e walkie-talkie in tutto il Paese, strumenti quotidiani trasformati in armi, sono state descritte come una “violazione delle linee rosse”. Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, ha parlato di un “massacro senza precedenti” e ha promesso una risposta, ma senza indicare tempi o modalità specifiche, mantenendo l’equilibrio fragile senza spingere verso una guerra totale.
Nel frattempo, il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha dichiarato che il “centro di gravità della guerra” si sta spostando verso il nord, ma ha avvertito dei rischi di un conflitto prolungato. Due soldati israeliani sono stati uccisi in un attacco di Hezbollah, mentre Israele ha ucciso due persone che tentavano di piazzare una bomba al confine libanese.
A Gaza, l’invasione israeliana continua e il massacro va avanti. Sei persone sono state uccise a Jabalia, mentre le speranze di un cessate il fuoco restano deboli. Nonostante 15 paragrafi su 18 dell’accordo siano stati concordati, i punti chiave, come la presenza militare israeliana, rimangono ostacoli insormontabili, e la volontà politica di fermare il conflitto è quasi inesistente.