#243 – Israele, uno sciopero a metà

Le proteste in Israele contro il governo di Benjamin Netanyahu hanno raggiunto nuove dimensioni con uno sciopero generale, organizzato dal sindacato Histadrut. Lo sciopero ha bloccato settori chiave dell’economia israeliana, come l’aeroporto Ben Gurion, aziende tecnologiche e scuole. Tuttavia, il tribunale del lavoro di Tel Aviv ha ordinato il ritorno al lavoro dopo 8 ore, dichiarando che lo sciopero era politicamente motivato. La protesta è legata alla mancanza di progressi nei negoziati per la liberazione degli ostaggi a Gaza, con Netanyahu accusato di anteporre considerazioni politiche alla loro salvezza. L’estrema destra del governo, con ministri come Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, ha accolto con favore la decisione del tribunale e continua a bloccare gli accordi di cessate il fuoco.

Negli Stati Uniti, il presidente Joe Biden ha criticato Netanyahu per non aver fatto abbastanza per raggiungere un accordo e ha annunciato l’intenzione di presentare una proposta “definitiva” per i negoziati, avvertendo che un fallimento potrebbe segnare la fine delle trattative.

Nel frattempo, il Regno Unito ha sospeso 30 licenze di esportazione di armi verso Israele, una mossa significativa ma limitata, rappresentando meno del 10% delle licenze attive.

A Gaza, gli attacchi israeliani continuano, con bombardamenti che hanno colpito l’ospedale Al-Aqsa e ucciso almeno 17 palestinesi. Le informazioni sulla situazione restano frammentarie.

In Libano, gli attacchi israeliani hanno ucciso diverse persone, tra cui un membro di Hezbollah e due civili, con Hezbollah che ha risposto con razzi Katyusha. Nonostante l’escalation, si parla di possibili aperture diplomatiche.

In Cisgiordania, l’esercito israeliano ha intensificato l’assedio su Tulkarem, assediando ospedali e distruggendo infrastrutture, segnalando una delle offensive più gravi degli ultimi vent’anni.

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