La tensione tra esercito israeliano e il primo ministro Netanyahu è palpabile. Mercoledì, il portavoce dell’esercito, Daniel Hagari, ha criticato pubblicamente l’assenza di una strategia chiara nella guerra contro Hamas, suscitando una dura replica da Netanyahu, che insiste sulla distruzione della potenza militare di Hamas.
Questa frattura tra esercito e governo si è manifestata anche nei commenti anonimi di funzionari militari che criticano la mancanza di una strategia d’uscita. Netanyahu aveva già criticato l’esercito per aver annunciato una “pausa tattica” dei combattimenti.
Nel frattempo, emergono nuovi dettagli dalla visita in Libano dell’inviato speciale USA, Amos Hochstein, il quale ha avvertito che, se Israele lanciasse un’offensiva limitata contro Hezbollah, avrebbe il sostegno degli USA. Hochstein prevede cinque settimane ancora di combattimenti intensi a Gaza, seguite da una riduzione delle operazioni, e sottolinea la necessità di una soluzione negoziale anche per il Libano.
Nonostante Hochstein affermi che gli USA non vogliono una guerra totale tra Israele e Hezbollah, sembra che non comprendano appieno le implicazioni di un’invasione israeliana del Libano, che colpirebbe tutto il Paese, rendendo difficile giustificarla. Inoltre, è irrealistico pensare che un’operazione del genere possa concludersi in un mese.
Il discorso del segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha ribadito la posizione del gruppo di non volere una guerra totale, ma ha avvertito che, se la guerra fosse imposta al Libano, Hezbollah combatterà senza restrizioni, minacciando anche Cipro se dovesse supportare Israele.
Il presidente cipriota Nikos Christodoulides ha risposto che Cipro non è coinvolta nella guerra e che il Paese è parte della soluzione, non del problema. Ha sottolineato il ruolo di Cipro nella realizzazione di un corridoio marittimo per la consegna di aiuti umanitari a Gaza. Nonostante la retorica e le crescenti tensioni, la posizione di Nasrallah rimane coerente con quella dei mesi scorsi.