La rappresaglia iraniana di sabato notte contro Israele, in risposta alla distruzione del consolato iraniano a Damasco del 1 aprile, occupa in questi giorni tutta la scena regionale.
Questa rappresaglia, che si inscrive nell’articolo 51 dello statuto delle Nazioni Unite come diritto all’autodifesa, è stato condotto con modalità, tanto militari quanto comunicative, che lo fanno ritenere un’azione dimostrativa.
Inviando un avvertimento agli Stati Uniti, infatti, l’Iran ha consentito a Israele, Stati Uniti e ai loro alleati di abbattere il 99% dei missili e dei droni iraniani, riducendo al minimo i danni materiali ma, da un punto di vista politico-militare, di chiudere la questione con quella che si immaginava potesse essere la soddisfazione di tutte le parti in causa.
E invece, Israele si ritiene attaccato senza motivo e pianifica una contro-rappresaglia.
Difficile prevederne tempi, modi e scala, ma tutto quello che sta succedendo potrebbe generare una spirale fuori controllo che persino gli Stati Uniti stanno cercando di prevenire.
E nel frattempo, l’attenzione viene distolta da Gaza, dove l’assedio israeliano e il massacro dei palestinesi continua senza pause.