Ieri al Cairo, i mediatori – Qatar, Egitto e Stati Uniti – hanno presentato a Israele e Hamas una nuova proposta negoziale, molto simile alle precedenti.
Nelle intenzioni si vorrebbe arrivare a unaccordo entro domani, giorno della fine del Ramadan, ma non sembrano davvero esserci le condizioni.
Anche perché ieri il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è intervenuto dichiarando che la “vittoria completa” su Hamas che ha promesso richiede l’ingresso delle truppe di terra a Rafah, aggiungendo che è stata fissata una data per l’invasione, anche se non l’ha rivelata.
Fredda la reazione statunitense.
Ci sono voci sempre più insistenti secondo cui dopo l’invasione di Rafah Israele espanderà le proprie operazioni militari israeliane contro Hezbollah in Libano.
Difficile capire quanto siano fondate queste voci e quanto siano credibili le minacce israeliane.
Ieri e oggi alla Corte Internazionale di Giustizia si sono tenute le prime udienze sul caso aperto il 1 marzo dal Nicaragua, che accusa la Germania di violare la Convenzione sul genocidio e le leggi di guerra con il suo sostegno a Israele.
La Germania è uno dei più fedeli e acritici alleati di Israele, ed è anche il secondo esportatore di armi verso il Paese, con una fornitura di 326 milioni di euro in attrezzature militari e armi nel solo 2023.
Per questo, il Nicaragua ha chiesto alla Corte di ordinare a Berlino, come misure urgenti e temporanee, di fermare le esportazioni di armi verso Israele e di revocare la sua decisione di interrompere i finanziamenti a UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, per le operazioni a Gaza.