Il Libano torna al centro della scena sul piano militare.
Questa notte, un attacco aereo israeliano ha colpito un ufficio dell’associazione di paramedici Corpo islamico di emergenza e soccorso a Hebbariyeh, vicino al confine nella zona delle fattorie occupate di Chebaa, uccidendo 7 paramedici in uno degli attentati più mortali sul fronte libanese dal 7 otobre.
Tre ore dopo, Hezbollah ha reagito all’attacco aereo lanciando 30 razzi sulla città settentrionale israeliana di Kiryat Shmona e su una base militare nella zona.
Uno dei razzi ha colpito un capannone industriale e ha ucciso un civile israeliano di 25 anni.
A piena intensità è invece l’assedio israeliano su Gaza.
Per ora, la risoluzione ONU di lunedì per un cessate il fuoco immediato fino alla fine di Ramadan non impedisce a Israele di continuare la sua offensiva militare.
La risoluzione è un risultato positivo sulla carta, ma non cambia nulla sul terreno.
Secondo il ministero della Sanità di Gaza, sono 76 le persone uccise nelle ultime 24 ore, di cui 38 a Gaza City, nel nord, dove continua anche l’assedio all’ospedale al-Shifa, arrivato ormai al nono giorno.
Nelle ultime 24 ore si sono intensificati anche gli attacchi israeliani su Rafah, con 24 persone uccise in città, dove le strutture sanitarie sono completamente inadeguate, al punto che sempre più spesso i soccorsi sono parziali e arrivano ore dopo gli attacchi.
In tutto questo disastro, cosa succede al negoziato per un cessate il fuoco?
Niente di buono.
Ieri Israele ha richiamato i suoi negoziatori da Doha, in Qatar, perché i colloqui sono “in un vicolo cieco”, secondo Israele a causa delle richieste di Hamas, definite “deliranti” dal PM Israeliano Benjamin Netanyahu.