Oggi parliamo di due importanti momenti diplomatici dell’ultimo mese, cercando al tempo stesso di calarci sul terreno, dove le buone intenzioni spesso lasciano il posto al conflitto.
Venerdì 10 marzo a Pechino è stato firmato un accordo tra Iran e Arabia Saudita per ristabilire relazioni diplomatiche e per riaprire le loro ambasciate nelle rispettive capitali. Questo accordo è stato annunciato in maniera congiunta dalle agenzie di stampa ufficiali dei due Paesi, e ci porta a diverse considerazioni: prima di tutto, Iran e Arabia Saudita sono due tra le più influenti potenze regionali dell’area e sono considerate rivali su praticamente ogni aspetto, dalle alleanze all’idea di Stato.
In seconda battuta, questo accordo arriva in anni di grande tensione regionale, segnata dalla guerra in Siria, quella in Yemen, la crisi nerissima del Libano, il ritorno dei Talebani in Afghanistan e senza dimenticare il tunnel politico in cui sembra essersi infilato Israele, in cui da settimane vediamo proteste sempre più forti e una reazione sempre più dura da parte del governo.
Per questo motivo, diventa estremamente importante un altro accordo, quello del 23 marzo tra Siria e Arabia Saudita, anche in questo caso con lo stesso risultato. In particolare, le ambasciate di Siria e Arabia Saudita a Riad e Damasco dovrebbero riaprire verso la fine del Ramadan, che cadrà il 20 aprile, in vista poi della possibile riammissione di Damasco nella Lega Araba, da cui era stata esclusa nel 2012 per via della guerra civile.
Il problema è che, se da un lato ci sono segnali piuttosto incoraggianti di una nuova stagione regionale in cui i conflitti via via si cominciano a gestire, dall’altra sul terreno stiamo assistendo a un nuovo rischio di escalation militare. Giovedì 23 marzo, proprio mentre Damasco e Riad annunciavano questa nuova fase diplomatica, un soldato privato in forza all’esercito statunitense è stato ucciso in una base militare nel nord-est della Siria, nella zona di Hasakah, da un drone autodistruttivo.
Immediatamente dopo l’attacco, il Pentagono ha dichiarato che il drone era di “origine iraniana” e ha disposto attacchi aerei nella Siria orientale, nella zona di Deir-Ez-Zur, su strutture utilizzate dal Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche iraniane, uccidendo 14 persone.
Dove ci porta questa contraddizione? Difficile avere una risposta certa.