S02E04 – L’ombra di Ankara sulla Siria

La nostra pagina di diario oggi ha una data molto precisa: domenica 13 novembre 2022. è il giorno in cui nel centro di Istanbul un attentato ha provocato 6 morti e numerosi feriti. Le conseguenze di questo evento sono molte e oggi cercheremo di capire che cosa significano per la Siria.

Il governo turco ha subito puntato il dito contro il PKK, il partito dei Lavoratori del Kurdistan. Ma al dì là delle conseguenze interne, le ricadute sulla Siria sono sicuramente di grande portata. Esattamente una settimana dopo, la Turchia ha avviato una delle operazioni militari aeree più importanti degli ultimi anni contro il PKK nel nord della Siria e dell’Iraq e con una simmetria per nulla casuale ha colpito 81 obiettivi, ovvero proprio il numero dei feriti causati dall’esplosione a İstiklal Caddesi. Ma al di là di questo numero, colpisce il fatto che in Iraq gli aerei e i droni turchi siano arrivati a 140 km dal confine, mentre in Siria abbiamo attaccato tutte le principali roccaforti del PKK. A colpire è anche la tempistica, perché la prontezza con cui si sono chiuse le indagini ed è partito l’attacco fanno pensare che il presidente turco Erdogan non aspettasse altro che un motivo, o un pretesto, per avviare l’operazione militare. A questa prima ondata ha poi fatto seguito un’azione ancora più ampia datata 29 novembre, che ha colpito le stesse aree di una settimana prima, aggiungendo anche la provincia di Hasakah.

C’è un aspetto che è sfuggito a diversi osservatori, e incrocia la dimensione militare con quella politica: lo spazio aereo siriano è uno dei più militarizzati del mondo, soprattutto per la presenza degli aerei russi e delle batterie contraeree russa, siriana, iraniana e di Hezbollah. Ecco, gli F16 turchi sono entrati in territorio siriano senza che l’aviazione di Mosca o di Damasco si opponesse. Anzi, possiamo dire che tutti gli attori si sono girati dall’altra parte.

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