Il welfare emiliano nel dopoguerra siriano di Assad

Dal 2019 un corso universitario italo-siriano per la riabilitazione di disabili. Il primo nel Paese, mentre si preparano altri progetti. Le protesi di Bebe Vio per i bambini di Damasco.

Articolo pubblicato su Lettera43 da Barbara Ciolli

C’era una dittatura e c’era anche un tempo in Siria dove la sanitàera gratuita per tutti e nei quartieri più poveri si aprivano consultori e centri di sostegno, anche con l’aiuto di associazioni umanitarie e personale medico e di assistenza straniero. È rimasta la dittatura e c’è stata una guerra in Siria che ha distrutto paesaggi di 4 mila anni di storia. Ma si inizia a ricostruire e il regime di Bashar alAssad, che ha riconquistato il 60% del territorio (nel frattempo ripopolato, secondo le dure consuetudini dei dopoguerra, di abitanti sciiti e filo-governativi) è ripartito dalla sanità. Con progetti che, come prima della guerra civile tra il 2011 e il 2018, coinvolgevano partner occidentali e tra questi italiani. Il più importate finora è l’intesa accademica raggiunta, nel settembre del 2018, nella capitale Damasco tra l’Università al Manara di Latakia e l’Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore). Il modello da importare è il welfare emiliano che il mondo ci invidia.

IL PRIMO CORSO UNIVERSITARIO PER FISIATRI

Dal febbraio 2019 partirà in Siria il primo anno accademico del primo corso triennale in Terapia occupazionale, con docenti sia italiani sia siriani, e per il quale sono in corso le preselezioni degli iscritti tra giovani studenti e professori siriani. La necessità di professionisti e di servizi per lariabilitazione e per l’inserimento nella società, e anche nei luoghi di lavoro, di persone con handicap era di per sé presente già prima del 2011 ed è diventata carne viva a causa del conflitto. Il progetto universitario italo-siriano lanciato nel 2018 ha alle spalle un anno di lavoro congiunto e di incontri, a Beirut e poi a Damasco, tra partner siriani, tecnici e politici, e partner italiani pubblici e privati che operano nel campo della disabilità, quali la cooperativa sociale Open Group di Bologna, la Fondazione Asphi per le tecnologie digitali contro la disabilità, la onlus Anladi per l’assistenza socio-sanitaria ai bambini nei Paesi in via di sviluppo.

A DAMASCO LE PROTESI DI BEBE VIO E ZANARDI

Alla riabilitazione dei feriti di guerra contribuiranno anche gli ingegneri e i costruttori del centro protesi Inail delle campagne bolognesi, demiurghi delle gambe e delle braccia bioniche a Bebe Vio e Alex Zanardi. Capofila del gruppo italiano è la cooperativa sociale Armadilla attiva dal 1984 nella cooperazione internazionale e che in Siria, prima della guerra, in collaborazione con l’associazione locale Zam dal 2004 aveva in corso progetti educativi e sanitari per bambini con disabilità psichica e fisica. Le strutture di aiuto di Zam operavano soprattutto nella periferia meridionaledi Damasco di Hajar al Aswad – adiacente al grande campo profughi palestinese di Yarmuk – dove già allora tante famiglie erano in condizioni vulnerabili. «I progetti erano finanziati anche dall’Ue», spiega a Lettera43.it da Beirut il direttore di Armadilla Marco Pasquini, «con partner come la fondazione milanese Mariani che opera nel campo della neuropsichiatria infantile».

Migliaia di famiglie siriane, in parte già vulnerabili, sono uscite stravolte dal conflitto

MARCO PASQUINI

DAI DISABILI AGLI AIUTI UMANITARI

Si era creato un primo centro ospedaliero di protesi e riabilitazioni, in Siria Zam era diventata un punto di riferimento regionale. E ancora tra il 2011 e il 2013, con Armadilla era riuscita a portare a compimento un progetto, approvato dalla Commissione europea, per l’educazione e la formazione professionale delle donne e l’avvio di alcune microimprese nei quartieri periferici di Damasco. Ma poi la guerra ha raggiunto anche la capitale siriana – il campo di Yarmuk è stato una delle zone più colpite nel Paese dalle battaglie – , e gli interventi dell’associazione siriana e della cooperativa italiana, dalla sfera socio-sanitaria, si sono allargati al campo umanitario ed emergenziale. «Anche in collaborazione con i programmi delle Nazioni Unite, abbiamo distribuito aiuti alimentari e kit igienici e per le necessità di base a migliaia di famiglie, stravolte dal conflitto e dalle sue conseguenze», racconta Pasquini, «una situazione disperata». Nella zona meridionale di Damasco erano arrivati anche milioni di sfollati da altre parti della capitale e dai luoghi circostanti.

LE EMERGENZE DURANTE LA GUERRA

Come quelli di altre onlus italiane, gli operatori di Armadilla hanno lavorato anche in team con i medici e il personale sanitario dell’ospedale diDamasco e con il ministero della Sanità siriano, mettendo a disposizione la loro esperienza nel campo delle protesi e anche per nuove emergenze, provocate dalle condizioni drammatiche. «Prima della guerra in Siria esistevano vuoti da colmare nelle strutture e nei servizi di welfare a disposizione, ma nessun bambino era denutrito», ricorda il dirigente della cooperazione. Anche l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Unhcr) ha riscontrato un’alta sofferenza dei profughi siriani nei campi in Giordania e in Libano, anche per le malattie croniche, a causa della mancanza dei servizi sanitari di base gratuiti ai quali erano abituati. Per Pasquini, il progetto accademico e sanitario decollato con Unimore e con altri partner è l’occasione tornare alla «vocazione originaria della cooperativa in Siria, il campo nel quale eravamo specializzati». E sono in preparazione anche piani per formare operatori per le diagnosi precoci e sull’autismo.

A DAMASCO TORNANO ANCHE I FRANCESI

Il team pubblico e privato di Armadilla opera come parte neutrale, al pari di altri team di cooperazione in altre aree della Siria o della stessa Armadilla in altre aree del mondo. In Libano, la cooperativa è impegnata dal 2018 in un progetto di prevenzione e trattamento delle dipendenze, in collaborazione con la Ausl di Bologna, l’Amministrazione locale di Nabatieh e un programma di sviluppo delle Nazioni Unite. Al di là delle attività umanitarie e per il welfare, che vede l’Italia protagonista tra i Paesi occidentali, nei territori sotto il controllo di Assad stanno in generale riprendendo le relazioni commerciali con l’esterno. Oltre all’Iran e al Libano, alleati del regime, la Cina ha colto l’occasione della ricostruzione per aprire diverse sedi societarie in Siria. A Damasco stanno tornando anche i francesi, che non si limitano all’influenza nelle zone lasciate ai ribelli. Anche se i siriani – tutti i siriani – preferirebbero lavorare con l’Italia, un partner molto benvoluto in Medio Oriente.

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