#91 – Gaza, un disastro anche climatico

Secondo uno studio condotto da quattro ricercatori britannici e statunitensi, pubblicato il 9 gennaio da The Guardian e riferito ai primi 60 giorni di guerra, quindi poco più della metà di quelli trascorsi, l’impronta ecologica dell’assedio è superiore alle emissioni annue di almeno 20 tra i Paesi più vulnerabili alla crisi climatica.

Parliamo di 281.000 tonnellate di anidride carbonica generate nei primi 60 giorni di assedio e che per il 99% circa possono essere attribuite ai bombardamenti israeliani e all’invasione terrestre di Gaza.

Poco meno della metà di queste emissioni vanno attribuite ai cargo USA che portano armi e munizioni a Israele, un 52% alle attività militari dirette di Israele e un po’ meno dello 0,2% ai razzi lanciati da Hamas.

Questi dati sono solo una stima, perché le emissioni del settore militare erano state escluse dal Protocollo di Kyoto sul clima del 1997 e poi reintrodotte su base volontaria con l’Accordo di Parigi del 2015.

Ma praticamente nessun Paese pubblica i propri dati e nessuno li pubblica in modo completo.

Anche senza dati completi, uno studio del 2022 del Conflict and Environment Observatory stima che le forze armate contribuiscano per il 5,5% delle emissioni globali di gas serra ogni anno, più delle industrie dell’aviazione e della navigazione messe insieme.

Questo rende l’impronta carbonica militare globale, anche senza tenere conto dei picchi di emissioni legati ai conflitti, la quarta più grande dopo quelle generali di USA, Cina e India.

E chiaramente le aree in guerra sono impattate in modo disastroso. Se pensiamo a guerre del recente passato, come quella in Iraq, possiamo vedere che i detriti militari rimangono a lungo nel suolo, nell’acqua e nei corpi.

E non bisogna dimenticare che già prima del 7 ottobre la situazione di Gaza era gravissima.

Il tuo 5 x mille può sostenere il processo di pace e gli aiuti umanitari in Siria