Il giorno più mortale in Libano dalla fine della guerra civile: almeno 274 persone sono state uccise e oltre 1.000 ferite in una serie di attacchi aerei israeliani nel sud del Libano e nella valle della Bekaa.
A Beirut, colpita poco dopo le 18:30, un drone israeliano ha preso di mira Ali Karaki, comandante del fronte meridionale di Hezbollah. L’attacco ha ucciso tre persone, peggiorando ulteriormente una giornata già devastante.
La giornata era iniziata con Israele che annunciava “attacchi più estesi” contro Hezbollah, colpendo circa 800 obiettivi nel sud del Libano e nella Bekaa, invitando la popolazione a “allontanarsi dagli obiettivi”. La popolazione ha ricevuto messaggi di avvertimento e migliaia di persone sono fuggite verso Beirut, paralizzando la viabilità. Molti si sono rifugiati a Tiro, che però non è considerata sicura.
Benjamin Netanyahu ha dichiarato che Israele sta “cambiando gli equilibri di sicurezza nel nord”, mentre il ministro della Difesa Gallant ha detto che le operazioni continueranno finché non sarà raggiunto l’obiettivo di riportare i residenti del nord di Israele nelle loro case.
Hezbollah non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali, ma è difficile pensare che questa giornata non abbia conseguenze. Intanto, i governi occidentali restano silenti, limitandosi ad avvertire del rischio di escalation mentre questa è già in corso. Gli Stati Uniti hanno annunciato l’invio di ulteriori truppe in Medio Oriente, ma al di là delle parole, l’azione è limitata.
Israele applica al Libano la stessa retorica della “difesa” utilizzata contro la Palestina, ma questo “diritto alla difesa” non giustifica il bombardamento di un Paese sovrano e non può avvenire con questa asimmetria e impunità di fronte a crimini di guerra su aree urbane. Le prossime ore potrebbero essere ancora più drammatiche.