#183 – Un piano di nessuno

Il piano di tregua presentato da Joe Biden per Gaza ha suscitato molte domande e perplessità. Venerdì, Biden ha annunciato dalla Casa Bianca l’urgenza di porre fine alla guerra, ma la reazione di Israele è stata tiepida e ambigua. Netanyahu, svegliato dalla notizia, ha confermato una proposta che permetterebbe a Israele di continuare la guerra finché non raggiunge i suoi obiettivi. Successivamente, ha ribadito che ogni piano che non garantisse la distruzione delle capacità militari di Hamas sarebbe un fallimento.

Il piano di Biden prevede tre fasi:

  1. Cessate il fuoco di 6 settimane: ritiro delle forze israeliane da Gaza, liberazione di alcuni ostaggi in cambio di prigionieri palestinesi, ritorno dei civili alle loro case e ingresso di 600 camion di aiuti umanitari al giorno. Durante questo periodo, Hamas e Israele negozierebbero un cessate il fuoco permanente.
  2. Scambio di tutti gli ostaggi e ritiro completo delle forze israeliane, con l’avvio di un cessate il fuoco permanente.
  3. Piano di ricostruzione per Gaza e restituzione dei corpi degli ostaggi morti.

Tuttavia, il piano non affronta chi e come governerà Gaza, perpetuando uno status quo insostenibile. Nel frattempo, Netanyahu ha ribadito che le condizioni per un cessate il fuoco includono la distruzione delle capacità di Hamas e la liberazione di tutti gli ostaggi.

Gli attacchi su Gaza continuano senza sosta. I mezzi militari israeliani sono entrati a Khan Younis e Shujaiya, mentre le immagini satellitari mostrano che il 55% degli edifici di Gaza è stato distrutto o danneggiato. L’Egitto ha dichiarato che il varco di Rafah potrà riaprire solo se Israele cederà il controllo ai palestinesi.

In Libano, Israele ha intensificato gli attacchi, colpendo villaggi e città, con 16 bambini feriti a Tiro e bombardamenti su Bint Jbeil. Hezbollah ha risposto con droni esplosivi contro le posizioni israeliane. Questa escalation potrebbe essere legata alla visita del ministro degli Esteri iraniano ad interim, Ali Bagheri, in Libano. L’instabilità continua a crescere nell’assenza di una soluzione politica, causando danni significativi al Libano del Sud.

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