Cinque sfide politiche per lo sviluppo sostenibile

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La povertà si combatte puntando su salute e istruzione; un uso sostenibile del suolo; lavori e infrastrutture dignitosi; meno emissioni; una buona governante. Ci lamentiamo di non avere le risorse per gli aiuti, ma nei paradisi fiscali giacciono 20mila miliardi di dollari.

Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, nel 2018 l’output mondiale, misurato a prezzi internazionali, sarà di circa 134mila miliardi di dollari. Ciò significa una media di 17.600 dollari per ogni uomo, donna e bambino sulla terra. Una somma sufficiente per porre fine alla povertà, rendere universale l’accesso a cure sanitarie e istruzione di qualità, perseguendo gli investimenti trasformativi necessari alla sostenibilità ambientale. Siamo un pianeta ricco. Le risorse, di  alcun tipo, non ci mancano.

Nel settembre 2015, con l’adozione dell’Agenda 2030 e dei 17 Obiettivi di sviluppo  sostenibile (Sustainable development goals, Sdg) il mondo ha messo lo sviluppo sostenibile al centro della cooperazione economica globale. Poche settimane dopo è stato negoziato l’Accordo di Parigi sul clima. Per  quanto ignorati (gli Sdg) o disdegnati (l’Accordo sul clima di Parigi) dall’amministrazione Trump, i due eventi incarnano un  programma condiviso a livello globale.

Gli  Sdg aspirano a una società più equilibrata,  dove la crescita economica si accompagni a politiche volte a garantire che la crescita  stessa sia ampiamente condivisa ed ecologicamente sostenibile. Gli Sdg sono descritti come la “triplice bottom line” degli  obiettivi economici, sociali e ambientali. Alcuni sostengono che gli Sdg siano troppo costosi. I Paesi poveri, per esempio, forse avrebbero bisogno di altri 100–200 miliardi l’anno di aiuti allo sviluppo, per affrontare le sfide legate a sanità, istruzione e infrastrutture di base.

Può sembrare un importo inarrivabile,  ma  consideriamo  un  aspetto. Secondo Forbes, nel 2017, 7.700 miliardi di dollari si concentravano nelle mani di soli 2.043 individui – i miliardari del mondo. Se quei 7.700 miliardi di dollari fossero  la dotazione di una fondazione con un rapporto di payout del 5% annuo, avremmo un  payout annuo di 380 miliardi di dollari. Questa somma, proveniente solamente dai miliardari, potrebbe porre fine alla povertà  estrema (Sdg 1), garantire cure sanitarie accessibili per tutti (Sdg 3), consentire ai poveri di ricevere un’istruzione di qualità  (Sdg 4) e finanziare un potenziamento infrastrutturale nei Paesi più poveri del mondo.

Adesso facciamo un’altra riflessione. Secondo il Global peace index del 2016, nel  2015 i costi della violenza globale ammontavano a 13mila miliardi di dollari (misurati in dollari internazionali), quasi il 13% della  produzione mondiale. I costi comprendono gli esborsi in ambito militare e della sicurezza, i costi dei conflitti armati, i costi della violenza tra persone. Le stime difficilmente sono precise, ma 13mila miliardi di dollari  sono molti più di quelli che servono a realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile a livello universale, anche includendo i costi della trasformazione dall’energia fossile a quella a impatto zero.  Questo per darvi un’altra idea delle ricchezze inutilizzate sul nostro pianeta.

I paradisi fiscali del mondo, piccole isole come  le Cayman, le isole Vergini e le isole del Canale della  Manica,  custodiscono  più  di 20mila miliardi di dollari in depositi off¬shore, soldi sottratti alla tassazione e agli obblighi contabili. I nostri governi, specialmente quello statunitense e del Regno Unito, hanno nutrito questi paradisi della segretezza e dell’irresponsabilità sotto ai nostri occhi. E  poi dicono che non ci sono soldi a sufficienza per realizzare lo sviluppo sostenibile!  Ecco il paradosso dello sviluppo sostenibile: è fattibile, cruciale per il nostro benessere e la nostra sopravvivenza, ma oggetto  di elusione a livello politico. Se i ricchi e i potenti del mondo dessero un onesto contributo, gli Sdg sarebbero un traguardo facilmente raggiungibile.

Le priorità di ogni governo

Per conseguire gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Accordo di Parigi sul clima,  cinque grandi sfide devono entrare nelle  priorità di ogni governo del mondo.

  • Garantire salute e istruzione di qualità, per tutti, specialmente per i bambini, le cui  vite saranno modellate in tutto e per tutto dalla qualità delle cure sanitarie, dell’alimentazione e dell’istruzione che offriamo  loro negli anni di formazione. Gli Sdg comportano impegni planetari in materia di accesso universale ai servizi sanitari (Sdg 3) e a un’istruzione di qualità, almeno fino al livello secondario (Sdg 4).
  • Fare un uso sostenibile del suolo. Viaggiando per conto  dell’Onu  vedo  crisi ovunque. Sono dettate da una gestione non sostenibile del suolo, che conduce all’impoverimento della biodiversità e allo sfruttamento intensivo dei terreni, riduce la disponibilità di acqua dolce e la copertura forestale, provoca il degrado delle funzioni ecosistemiche.
  • Lavori e infrastrutture dignitose per tutti. L’Sdg 1 mira a porre fine alla povertà estrema. L’Sdg 8 a garantire un lavoro dignitoso a tutti; Sdg 6,7,9,11 e 12 comportano diversi fini, rispetto all’accesso universale alle infrastrutture, tra cui acqua sicura e servizi igienici, servizi energetici moderni che includono l’elettrificazione, i trasporti e le comunicazioni.
  • Decarbonizzare il sistema energetico mondiale. Il passaggio a tecnologie prive di emissioni è una delle condizioni sine qua non per la sicurezza climatica. Entro il 2050 dovremo ridurre a zero le emissioni, per mantenere il riscaldamento globale sotto le soglie di sicurezza stabilite dall’Accordo di Parigi sul clima. Per riuscirci, dovremo guidare veicoli elettrici, piuttosto che automobili con i motori a combustione interna. Dovremo usare l’energia eolica, solare, idroelettrica, geotermica e altre fonti a emissioni nulle, piuttosto che il carbone, il petrolio e il gas naturale. Dovremo riscaldare i nostri  edifici con le pompe di calore, anziché scaldabagni e caldaie. Il tempo è pochissimo.  Ogni anno, assistiamo a nuovi segnali premonitori di  un disastro climatico.
  • Una buona governance, il che significa onestà, stato di diritto, correttezza, competenza e trasparenza nel gestire le nostre politiche. Buona governance significa anche eguaglianza di genere (Sdg 5), riduzione delle  inuguaglianze negli e tra gli stati (Sdg 10),  società pacifiche e inclusive (Sdg 16), cooperazione globale (Sdg 17).

Gli Sdg e il mondo

Il mondo ha le risorse umane, l’abilità, le tecnologie e le ricchezze per realizzare gli  Sdg. Siamo nel mezzo di una rivoluzione  scientifica fra le più fertili ed entusiasmanti della storia. Le tecnologie digitali offrono  modalità nuove e migliori per l’accesso universale alle cure sanitarie, a un’istruzione di qualità, una finanza equa, soluzioni energetiche a basse emissioni e una governance migliore in ogni parte del mondo.  Quali sono allora gli ostacoli da superare? Sono diversi. Le lobby aziendali, come l’industria del petrolio e del gas, usano il potere e il denaro che possiedono per rallentare il  progresso.

Alcune tra le persone più ricche del mondo ricorrono a tangenti e finanziamenti di campagne elettorali per mantenere i propri privilegi e sgravi fiscali, mentre si accaparrano fondi che sarebbero da destinarsi agli investimenti in Sdg. Politici irresponsabili alimentano la paura e persino la  guerra, pur di mantenere il potere. E troppo spesso i governi sono sprovvisti di piani concreti e praticabili.

Le azioni pratiche che possiamo fare per contribuire a migliorare  questo scenario sono sei.

  • Insistiamo affinché le multinazionali, specialmente nel settore dei carburanti fossili, allineino le loro attività agli Sdg.
  • Insistiamo affinché i ricchissimi contribuiscano seriamente agli Sdg, pagando le tasse e impegnandosi in opere filantropiche a beneficio degli Sdg.
  • Mobilitiamo il prima possibile fondi verso le nazioni più povere della terra, affinché queste aree abbiano i mezzi per rendere universale l’accesso ai servizi sanitari, a un’istruzione di qualità e ad infrastrutture moderne.
  • Insistiamo affinché le istanze di guerra e pace siano risolte secondo la Carta dell’Onu, dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e non dalle velleità di singoli Paesi.
  • Facciamo sì che chi inquina possa in qualche modo risarcire chi subisce l’inquinamento. Le industrie di carburanti fossili dovrebbero farlo perché i danni causati dal surriscaldamento globale sono anche una loro responsabilità.
  • Usiamo e sviluppiamo le innovazioni scientifiche e tecnologiche per aumentare  il tasso di progresso verso gli Sdg.

Rispetto all’ultimo punto, le istituzioni accademiche mondiali svolgono un ruolo  straordinario. In qualità di centri di istruzione superiore, ricerca e progettazione  politica, le Università di tutti i Paesi dovrebbero lavorare con i governi, le aziende e la  società civile per contribuire ad accelerare  il cammino verso gli Sdg. Il Sustainable development solutions network dell’Onu, che  ho l’onore di dirigere per conto del Segretario generale Antonio Guterres, supporta  centinaia di università nel mondo, impegnate nella promozione degli Sdg. Mi auguro di avere presto l’opportunità di lavorare  con le prestigiose università italiane, per  sostenere le scoperte e le innovazioni globali volte allo sviluppo sostenibile

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